Il Circuito degli Assi di Cologno Monzese – 1954 / I parte


“Credo […] che proprio a Cologno Monzese […] si sia ricominciato, più che a sperare, a credere ancora nello sport risorgente del vecchio cavallo di acciaio”[i]. È un concentrato di sollievo, entusiasmo, fiducia e (nemmeno troppo velata) sorpresa quello che Emilio De Martino – storico direttore de Lo Sport Illustrato – affida alle colonne del suo editoriale all’indomani della prima edizione del “Circuito degli Assi” colognese, disputata il 10 ottobre 1954. Sono migliaia le persone accorse ad abbracciare i loro beniamini, eroi non solo sportivi in un’epoca che ha eletto il ciclismo a sport nazionale, richiamo per cantori e critici, apologeti nei trionfi, inflessibili nelle cadute.

Per cogliere appieno la valenza di quello che de Martino individua come il “primo segnale di una riconciliazione fra i protagonisti ed i tifosi, e di una riscossa generale che dovrebbe riportare il ciclismo italiano sulle diritte vie del suo glorioso passato”[ii], occorre fare un passo indietro di qualche mese e portarci in Svizzera al seguito della carovana rosa (invero ridotta a 68 dalle 105 unità presenti al via di Palermo), che il 12 giugno 1954 lascia Bolzano direzione St. Moritz per affrontare la penultima tappa del Giro d’Italia. Perché è sulle rampe che portano ai 2.330 metri del Bernina che si manifesta in tutta la sua chiarezza il “sabotaggio” orchestrato dai “vari leoni, le varie tigri, le varie pantere, i vari giaguari del pedale, che, di buon accordo, […] avevano deciso di ridersela non solo dello Sport e dell’impegno con cui gli organizzatori della corsa tengono in vita la vecchia popolarissima prova sportiva, ma anche di tutto un immenso pubblico che li ama e ama esaltarsi delle loro gesta”[iii].

I numeri parlano da soli: ‘scattata’ alle 9 del mattino dal capoluogo altoatesino – dove il giorno precedente era andata in scena la “resurrezione” di Fausto Coppi – la tappa di 222 chilometri viene percorsa in poco meno di 9 ore e mezza, a una media di 24,3 Km/h.

Fig. 2. Corriere della Sera, 13 giugno 1954

Capita infatti che il Giro abbia già emesso il suo verdetto quasi due settimane prima al termine della sesta tappa: il 27 maggio, lungo la Napoli-L’Aquila, va in scena una fuga ‘bidone’ che porta Carlo Clerici, giovane alfiere della compagine svizzera, a tagliare il traguardo con 34 minuti di vantaggio sul gruppo degli ‘uomini di classifica’. A dispetto dei pronostici, il 24enne neocittadino elvetico si difende egregiamente su Appennini e Alpi, conservando quasi intatto il margine di vantaggio sui due attesi protagonisti di quell’edizione, il connazionale Hugo Koblet e Fausto Coppi. Con una classifica ormai immutabile e compromessa (e, si rumoreggia, serpeggiando tra gli assi un certo malcontento per le tante fatiche in successione, ingaggi troppo bassi e la squalifica di alcuni gregari giunti fuori tempo massimo a Bolzano), i big decidono così di neutralizzare di fatto l’ultima tappa alpina del Giro, affrontandola “a passo di lumaca”[iv], pilotando i traguardi intermedi e impedendo fuoriuscite di sorta dal gruppo. Solo Koblet può sganciarsi nell’ultima discesa e tagliare vincitore il traguardo di casa con due minuti sui più immediati inseguitori. 

Immediata la presa di posizione della giuria internazionale, che la sera stessa decide di non distribuire i premi di tappa – avendo ritenuto “insufficiente lo spirito agonistico dei corridori” – e di aprire “un’inchiesta per individuare i promotori di un’eventuale premeditazione del fatto”[v].

Chi invece non aspetta certo fine tappa e sanzioni a tavolino per mandare un messaggio al plotone è il pubblico assiepato lungo il percorso: “[…] progressivamente, la cordialità della folla verso i corridori si è trasformata in irritazione profonda, fino a investire con gli insulti più gravi e con i fischi più intensi […] non solo il plotone degli atleti, ma addirittura l’intera carovana”, annota Orio Vergani sul Corriere. “[…] All’Aprica la folla che attendeva da lunghissimo tempo e alla quale non era sfuggito lo spirito sabotatore della giornata, ha coperto di vituperi i corridori, qualcuno dei quali – certamente il meno responsabile – è stato malmenato: cosa che deve essere deplorata. Sul Bernina, a quanto risulta, non si sono verificati episodi di «vie di fatto» ma il grandinare dei fischi e degli insulti, accompagnati dal roteare dei bastoni, ha accolto il plotone con un crescendo e una unanimità che su pelli e temperamenti più sensibili dovrebbero essere di salutare monito per l’avvenire. Si è insomma arrivati al «tetto del Giro» per non sentire gridare altro che «Buffoni! Boioni! Fanagottoni! Andate a zappare la terra! Pelandroni!»”[vi]. E il giorno dopo, a Milano, gli umori non saranno molto dissimili.

Fig. 3 – Stampa sera, 17-19 settembre 1954

Mentre l’UVI (Unione velocipedistica italiana) si limita a vietare temporaneamente (il provvedimento del 28 giugno viene revocato già il 14 luglio) l’espatrio ai corridori italiani, a scuotere tutto il movimento ci pensa la Commissione Appello e Disciplina, che a metà settembre sospende per due mesi Fausto Coppi “per aver attivamente partecipato alle azioni sabotatrici culminate nei fatti del Bernina che hanno influito deleteriamente sullo svolgimento e sul risultato della gara”. Col Campionissimo, vengono fermati anche Koblet, Magni, Fornara, Gismondi (20 giorni); Conterno, Rossello, Martini, Monti, De Santi (10 giorni).

Per la Stampa, una decisione “tardiva e intempestiva” che potrebbe significare “un malinconico stop per la carriera di Fausto Coppi”, fin da subito fermo nel respingere ogni addebito. “Si è lasciato passar troppo tempo, e la punizione, specie per quanto riguarda Coppi, va a piombare in un momento particolarmente delicato, quando a Fausto, che – lo ripetiamo – ha sbagliato, non ne va più una dritta: la famiglia sconquassata, il patrimonio sotto controllo per accertamenti fiscali, la carriera sportiva interrotta d’autorità”, recita l’impietoso ritratto tracciato dalla testata piemontese. “Quali saranno ora le reazioni di Coppi uomo e di Coppi atleta?”[vii]. La risposta, e che risposta, arriverà di lì a qualche mese sulle strade del Tricolore e del Lombardia.

Le nubi si diradano martedì 5 ottobre, quando la Giunta d’urgenza dell’UVI – ascoltati  a Milano i dirigenti e i corridori sospesi – annulla, con decorrenza immediata, tutte le decisioni prese dalla CAD. “Sono felicissimo di poter correre, soprattutto perché il provvedimento di oggi è la prova che proprio tutti i torti non erano nostri.”, la reazione a caldo di Coppi, finito nel frattempo al centro di voci di mercato circa un suo possibile addio alla Bianchi, “Non è che noi corridori si voglia l’applicazione della manica larga nei nostri confronti; desideriamo anzi un regolamento severo, ma giusto, senza squilibri. Per fortuna, sia pur tardi, un rimedio è stato trovato. Già domenica torno alle gare, su un circuito a Cologno Monzese, poi in programma ho la Bernocchi, il Baracchi ed il Giro di Lombardia. E, se mi daranno il passaporto, anche qualche corsa all’estero mi interessa, visto che proprio non mi considero un atleta finito…[viii].

Tutto bene quel che finisce bene, insomma. E così rieccoci qui, a Cologno Monzese, per il battesimo del Circuito degli Assi organizzato dal Velo Club Alba, la prima, e fin lì unica, società ciclistica del paese. Un appuntamento divenuto improvvisamente cruciale per tanti assi, quale occasione di rodaggio in vista della cronometro di Legnano (108 km…), valida come quinta e conclusiva prova del campionato italiano. In quella inedita corsa contro il tempo, a spuntarla sarà proprio Fausto Coppi…

***

Coraggio. Passione. Fortuna. Questi gli ingredienti che trasformano la scommessa del Velo Club Alba – nelle figure dei fratelli Radaelli e del marchese Alberto Visconti – in un clamoroso successo, capace di richiamare a Cologno Monzese il pubblico delle grandi occasioni. “[…] circa quindicimila persone gremivano le tribune ed i prati che circondano il tracciato di gara”, riferisce la Stampa. Numeri condivisi dalla Gazzetta dello Sport – che fin dal titolo dà conto di “una cornice di 15.000 entusiasti” – e riveduti verso l’alto da De Martino, la cui stima spazia “da quindicimila a ventimila” spettatori. Ovvero il doppio della popolazione residente in paese in quell’inizio di anni Cinquanta.

Con il permanere della squalifica imposta dalla CAD, va da sé, l’appuntamento ottobrino si sarebbe rivelato un flop. Circostanza che non sfugge all’attento corrispondente del quotidiano torinese: “La fortuna ha aiutato gli organizzatori del primo circuito degli Assi di Cologno. Dieci giorni fa, la manifestazione che essi avevano curato con passione, e per la quale avevano speso circa due milioni, sembrava destinata ad un completo insuccesso. La CAD aveva squalificato molti tra i più illustri corridori nazionali e il tanto atteso circuito si sarebbe ridotto ad una corsa vuota, disputata tra la disattenzione di scarsi spettatori da figure di poco rilievo. Viceversa, venute a cadere per l’amnistia emanata dalla Giunta d’urgenza dell’UVI le squalifiche ai «cannoni», ecco la situazione presentare il più favorevole dei volti. Nella gara di Cologno Monzese sarebbero scesi in corsa per la prima volta dopo le severe punizioni i più acclamati italiani. E così è stato”[ix].

La lista degli invitati è davvero di livello: c’è Gino Bartali, il campione prossimo alle ultime pedalate della carriera; c’è Fausto Coppi, il Campionissimo, che di lì a due settimane conquisterà il suo ultimo monumento tagliando per la quinta volta davanti a tutti il traguardo del Lombardia: un successo che gli permetterà di lasciarsi alle spalle anche il poker di Alfredo Binda; c’è Fiorenzo Magni, il ‘terzo uomo’, già tre volte ‘Leone delle Fiandre’ e due volte vincitore del Giro, di ritorno in circuito sulle strade di casa dopo aver preso parte l’anno prima al criterium degli Assi di Monza. Ci sono la maglia rosa, Carlo Clerici, vincitore a sorpresa del Giro d’Italia, e la maglia bianca di Primo Volpi, fresco campione del neonato Giro d’Europa. E c’è aria di casa per Giorgio Albani (Monza), Donato Piazza (Villasanta) e Ferdinando Terruzzi (Sesto), che conosceranno sorti alterne in gara.

A fare da contraltare alle temperature miti di un pomeriggio di inizio ottobre – con “sole pallido e un venticello da bavero della giacca alzato”[x] – è il calore del pubblico, che per la prima volta può toccare (quasi) con mano i propri idoli. Un tifo incessante, prima e durante la gara. “Entusiastiche acclamazioni hanno accolto l’arrivo di Magni e Bartali; un vero uragano di applausi è toccato a Fausto Coppi quando per ultimo si è portato alla partenza”, leggiamo sulla Stampa. “Urla fantastiche, scrosci interminabili d’applausi ogni volta che Coppi, Magni […] e Bartali si portavano nelle posizioni di testa”, riferisce il quotidiano sportivo di via Solferino. “Anzi, quando Coppi uscì di sorpresa dal plotone sfilato dei trenta competitori per aggiudicarsi il primo traguardo a premio, poco mancò che i giovanotti aggrappati disperatamente alle piante finissero, con i rami, nel fosso che fiancheggiava la dirittura d’arrivo”.

Il campo di gara è rappresentato da un circuito di 2 chilometri ricavato nel centro cittadino. Quattro rettilinei e “due o tre curve ‘frenate’”[xi], da affrontare cinquanta volte per una distanza complessiva di 100 km. A essere interessate, le attuali via dall’Acqua, via XXV Aprile, via Volta, via Risorgimento. A definire l’orizzonte del rettilineo di partenza e arrivo, il campanile della chiesa di San Giuliano da un lato e dall’altro l’acquedotto municipale, fino agli anni Ottanta parte integrante dello skyline colognese.

Il manto stradale rivedile – “fondo davvero pessimo di oltre uno dei due chilometri del circuito”[xii]– è complice delle numerose forature (a farne le spese, tra gli altri, Magni, Fornara, Clerici), ma non limita emozioni e tasso tecnico, per una media finale di 42,8 chilometri orari. A contribuire allo show, il format scelto dagli organizzatori: numerosi traguardi intermedi con in palio premi speciali, ma a determinare la classifica finale l’esito dell’ultima volata. La formula convince i protagonisti, che non si risparmiano fin dalle prime battute, “battagliando gagliardamente”[xiii] per le due ore abbondanti di gara.

ENTRY LISTORDINE D’ARRIVO
1. Fausto Coppi1. G. Albani, in 2h20’, media di 42,8 km/h
2. Gino Bartali2. D. Piazza, s.t.
3. Carlo Clerici3. B. Monti, s.t.
4. Fiorenzo Magni4. A. Bevilacqua, s.t.
5. Giancarlo Astrua5. F. Coppi, s.t.
6. Giorgio Albani6. T. Scudellaro
7. Ferdinando Terruzzi7. G. Bartali
8. Pasquale Fornara8. F. Aureggi
9. Bruno Monti9. O. Conte
10. Michele Gismondi10. R. Soldani
11. Luciano Pezzi11. G. Corrieri
12. Antonio Bevilacqua12. F. Magni
13. Severino Rigoni13. R. Pianezzi
14. Donato Piazza14. D. Barozzi
15. Andrea Carrea15. P. Volpi
16. Giovanni Corrieri16. P. Fornara
17. Emilio Croci Torti
18. Oreste Conterit. C. Clerici
19. Luigi Casolarit. E. Croci Torti
20. Remo Pianezzirit. Seghezzi (?)*
21. Aldo Binirit. F. Terruzzi
22. Adolfo Leonirit. A. Maspes*
23. Ettore Milanorit. A. Ferrari
24. Tranquillo Scudellaro
25. Giovanni Recalcati
26. Mauro Gianneschi
27. Alfo Ferrari
28. Pierino Baffi
29. Renzo Soldani
30. Primo Volpi
31. Danilo Barozzi
*La classifica più esaustiva, per quanto limitata alla top 16, è quella riportata dalla Gazzetta dello Sport. Aureggi, Maspes e Seghezzi (?) figurano nell’ordine di arrivo e non tra gli invitati: si può ipotizzare siano stati impiegati in sostituzione di altri corridori.

Testo elaborato da Matteo Sala


[i] Sport Illustrato, a.43, n.44, 14 ottobre 1954.

[ii] Ibidem.

[iii] O. VERGANI, “Deplorevole comportamento degli assi”, Corriere della sera, 13 giugno 1954.

[iv] A. CAMORIANO, L’Unità, 13 giugno 1954.

[v] Corriere della sera, 13 giugno 1954.

[vi] Ibidem.

[vii] Stampa sera, 17-18 settembre 1954.

[viii] Stampa sera, 6-7 ottobre 1954.

[ix] Stampa sera, 11-12 ottobre 1954.

[x] R. NEGRI, La Gazzetta dello Sport, 11 ottobre 1954.

[xi] Stampa sera, 11-12 ottobre 1954.

[xii] R. NEGRI, La Gazzetta dello Sport, 11 ottobre 1954.

[xiii] Stampa sera, 11-12 ottobre 1954.

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